“È vero – disse Andrea – i fichi sono un sollievo, non solo in questa stagione, Luigi, e dato che l’uomo è avido, famelico di fame futura, questa dolcezza non si limita solo a volerla assaporare nella stagione estiva, vuole accumularsela e assaporarla anche nei mesi più tristi della stagione invernale. Allora, aggiunge il sole al sole, fino a quando il fico perde i suoi umori fluidi marcescibili, serbando solo la sua essenza zuccherina, il suo animo dolce. Cosa ne dite se andiamo a fare una passeggiata nella campagna dov’è la distesa dei nostri fichi seccati?”
da Fichi Seccati di Elena Carlomagno, L’Autore Libri Firenze 2013
Presenti dall’antichità nell’alimentazione delle popolazioni mediterranee, i fichi secchi sono tradizionalmente essiccati al sole, senza essere trattati con altre sostanze per la conservazione.
“Quidam, lectis ficis, pediculus adimunt et in sole eas expandunt…..”
“Alcuni colti i fichi, tolgono il peduncolo e li stendono al sole….”
dalla ricetta dello scrittore latino Columella (65 d.C.)
I frutti raccolti ben maturi vengono disposti distanziati su graticci o vassoi di legno. Vengono messi ad essiccare o interi o aperti in due metà dal lato del peduncolo per ottenere le “coppie” ossia due mezzi fichi secchi uniti. Occorrono circa tre chili di fichi freschi per ottenere un chilo di fichi secchi.
Esposti al sole coperti da sottili garze bianche per evitare il contatto con mosche e altri insetti, vanno quotidianamente rivoltati, ritirati ogni sera e messi al riparo in caso di pioggia per evitare che l’umidità notturna e la pioggia li bagnino, pregiudicando e allungando il periodo di essiccazione al termine del quale vengono infornati.
Per garantire una migliore conservazione in molte zone si usa immergere i fichi ormai essiccati in acqua bollente per circa due minuti (alcuni usano acqua di mare o una soluzione salina di cloruro di sodio), facendoli poi ben asciugare prima di infornarli.
Di solito i fichi vengono infilati a formare una coroncina profumata di mirto oppure impilati su falde di canna o su stecchi di Ampelodesmos mauritanicus, pianta utilizzata nei lavori agricoli, il cui nome infatti significa legame “desmos” – per la vite “ampelos”, e molto diffusa in tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Spesso, prima di essere infornati, vengono farciti con gherigli di noce o mandorle, profumati con scorzette d’arancia e foglie di alloro e cosparsi di zucchero e cannella. Con le coppie intrecciate farcite si preparano le Crocette calabresi.
Si usa anche aromatizzare i fichi ricoperti del loro miele avvolgendoli in foglie di cedro, di arancio o di limone legate da un filo di ginestra o interi ben stretti a palla o farciti in piccoli pacchetti.
Il passaggio nel forno a legna, che non deve essere troppo caldo e che deve durare il tempo necessario a farli diventare dorati, avviene su graticci di canne o di ulivo ricoperti di foglie di fico, spesso insieme a foglie di alloro e semi di finocchietto selvatico.
In passato si conservavano per il consumo invernale in madie di legno, oggi le scatole di latta si prestano bene a trattenere gli aromi e a mantenerne la giusta morbidezza fino alla primavera.
La patina bianca che ricoprirà con il tempo la superficie non è segno di cattiva conservazione ma è dovuta all’affiorare degli zuccheri.
La produzione di fichi secchi è storicamente mediterranea. In Italia è tipica delle regioni meridionali che hanno a disposizione varietà di pregio come il Dottato da cui derivano il Fico bianco del Cilento e il Fico di Cosenza, entrambi con Denominazione di Origine Protetta.
La Turchia realizza una della maggiori produzioni mondiali con la varietà Fico di Smirne prodotta nella regione d’Izmir, l’antica Smirne: i fichi seccano direttamente sull’albero e cadono da soli quando il picciolo è appassito, vengono raccolti e messi al sole.
Preparazioni moderne sono i fichi ricoperti di cioccolato, soprattutto fondente, e i bocconcini realizzati con fichi triturati e aromatizzati con spezie e liquori.