“Mi sono svegliata questa mattina con l’urgenza di dire grazie alla vita. Grazie soprattutto alla Tunisia, che mi ha regalato una nuova identità, il mio essere mediterranea. … La mia nuova carta d’identità non ha date né luoghi fissati una volta per tutte, è un tracciato in cammino, è una voie de voix.
È un’endiadi che dice quanto il mio cammino sia tracciato da provenienze diverse, da identità plurali, da voci eterogenee che trovano armonia proprio nello stare insieme come gli strumenti di un’orchestra.
Avendo conosciuto negli ultimi anni tanti scrittori e artisti, ho capito che ascoltare, ovvero accogliere l’altro, è la prima forma d’arte. Non si scrive mai realmente per raccontarsi ma per far risuonare le voci in noi e guardarci, più spesso trovarci, come mai abbiamo avuto il coraggio di fare, nello specchio degli altri. … È l’attenzione alle emozioni delle persone, alle sfumature di un gesto, di un capriccio e perfino un silenzio. Le donne qui lo sanno da sempre che è nella lontananza, nel velarsi, nel lasciar intendere, nell’abbassare la voce la vera seduzione, che costringe chi ti guarda a seguirti, a scoprirsi. È un viaggio che non ha fine, quello in noi stessi e negli altri, fatto più di domande che di risposte, mentre i dubbi cresceranno a poco a poco, sopravanzando le nostre certezze e ci toccherà fare uno sforzo di umiltà… che ci aprirà la porta dell’altro. Almeno così è andata per me.”
I temi legati alla cultura del Mediterraneo sono il centro di interesse del lavoro di Ilaria Guidantoni, giornalista e scrittrice che ha scelto di vivere tra l’Italia e la Tunisia. Testimone della rivoluzione dei gelsomini ha pubblicato il romanzo verità Tunisi, taxi di sola andata (No reply Editore, marzo 2012) e a due anni di distanza Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia (Albeggi Edizioni – REvolution, gennaio 2013); nel 2014 Marsiglia-Algeri Viaggio al chiaro di luna (Albeggi Edizioni) e a gennaio 2015 Il potere delle donne arabe (Mimesis Edizioni).
Il nuovo romanzo è Corrispondenze Mediterranee. Viaggio nel sale e nel vento (Oltre Edizioni, aprile 2015).
Incontro la scrittrice nel cuore eterno di Roma ma appena inizia la nostra conversazione è il Mediterraneo che irrompe prepotente nella stanza, carico di voci, profumi, sapori, rabbia e speranza.
In Corrispondenze Mediterranee si affronta il tema del viaggio come ricerca di sé, della costruzione dell’identità e il racconto si snoda alternando i piani di privato e politico, rivoluzioni personali e collettive. La storia tra i protagonisti in dialogo è la meno narrata, emerge piuttosto dal racconto di altre storie, che diventano occasione per conoscere e conoscersi. La vita come arte dell’incontro?
Il romanzo racconta il cambiamento di una donna francese, di Lione, città finanziaria e decisamente nordica, in un percorso che si snoda attraverso una serie di luoghi e di esperienze d’incontro nel sud del Mediterraneo che vive con autentica curiosità umana e intellettuale. Eloïse, la protagonista, assapora il piacere di imparare incontrando la gente, vivendo…. La vita ci regala tanto ma il viaggio dentro l’altro è sicuramente la cosa più bella e stimolante. Il viaggio dentro noi stessi il più difficile ma imprescindibile.
Queste parole confermano l’idea scaturita dalla lettura: Ilaria Guidantoni viaggiatrice viaggiante che verifica sul campo l’attitudine a mettersi in gioco, ad entrare in sintonia con ciò che è altro da sé.
Da un viaggio si ritorna sempre diversi, anzi non c’è un vero viaggio di ritorno, un viaggio è sempre di sola andata. Viaggiare è perdersi, espropriarsi di sé, non è solo vedere luoghi ma viverli attraverso l’incontro con gli altri.
L’incipit di Corrispondenze è insieme una dichiarazione d’amore e un grido di battaglia, un proclama, una sorta di manifesto: “Se oggi mi chiedessi da dove vengo, Filippo, ti direi che sono mediterranea”. Una consapevolezza che appare come una conquista, un traguardo raggiunto: che significa oggi essere mediterranei?
La frase d’inizio del libro descrive il punto d’arrivo per me e nello stesso tempo l’inizio del viaggio della protagonista che lascia la Francia e in qualche anno di peregrinazione, nel nord dell’Africa conquista il suo nuovo essere, quello di “donna mangiata dal sole e dal vento”, fondamentalmente mediterranea. Un’appartenenza che denuncia il superamento delle frontiere, una dimensione di apertura dove l’appartenenza comune è il massimo comune denominatore. La consapevolezza di questa dimensione, che ho acquisito dal 2008 vivendo il Maghreb e smontando gradualmente la mia visione eurocentrica, è un punto d’arrivo che mi fa guardare il Mediterraneo come una serie di corrispondenze e di diversità, di grandi somiglianze e grandi divari, in una dimensione assembleare di rotondità, di ecclesia, ma è anche un trampolino di lancio per una nuova partenza. Credo che oggi essere mediterranei significhi recuperare la dimensione dello scambio, riconoscere l’altro come alter, ossia alterità e non alius, un diverso.
Esiste quindi un’identità mediterranea, figlia di terra e mare accomunate e contaminate da secoli di scontri e scambi tra culture diverse?
Esiste e acquisirne consapevolezza porta a una nuova dimensione. Personalmente avvertivo un disagio latente a livello identitario, non mi sentivo pienamente identificata né dall’essere italiana, fiorentina che ha studiato a Milano e ha scelto Roma come città adottiva, né dall’essere europea, mentre avvertivo anche grazie agli studi classici e filosofici, un forte legame con il mondo classico originario di sapienza.
Il Mediterraneo per me è un continente a se stante, la vera culla della civiltà perché è il luogo dove si è formata la cultura classica che è greco-romana ma anche ebraico-cristiana e arabo-musulmana, dove sono nate le tre grandi religioni del Libro. Ma è anche uno stile di vita, un’idea di famiglia, un tipo di alimentazione.
C’è un’identità specifica del Mediterraneo recuperando la quale si recupera il vero nucleo della civiltà occidentale.
Consolidare l’identità mediterranea, con la consapevolezza che è un’identità “plurale”, può concorrere ad una minore conflittualità nell’area?
Assolutamente sì. Non negando che nei secoli ci sono stati scontri di civiltà, il Mediterraneo è stato crocevia di grandi culture dove persone di religione diversa convivevano, scambiavano e comunicavano, il luogo dov’è nato il sabir, meravigliosa esperienza di lingua franca dei portuali, nata dalla mescolanza della gente, dall’unione di diversità. La contaminazione di usi e costumi, di abitudini alimentari, diventa anche contaminazione linguistica ed infatti nel fraseggio più tipico del parlato tunisino c’è un mischiare italiano, siciliano, francese all’arabo e altre fonti linguistiche e ciò lo rende molto interessante.
Agli egoismi nazionalistici di oggi va ricordato che c’è stato un tempo in cui i barconi si spostavano da nord a sud, soprattutto dalla Sicilia verso le coste della Tunisia ma anche dalla Toscana verso l’Algeria.
Rafforzare la consapevolezza dell’appartenenza comune costruita nel confronto può essere la mission dell’intellettuale mediterraneo? Che ruolo può giocare la cultura nella dinamica mediterranea attuale?
Credo sia essenziale. L’intellettuale è insieme uomo di pensiero e uomo d’azione, non piegato alla politica ma impegnato nell’azione sociale che si traduce in azione politica. C’è un modo diffuso di essere intellettuale, che consiste nel contributo anche minimo di ognuno alla costruzione della società, dal lavoro che si svolge, alla partecipazione al voto, all’educazione dei figli, al tramandare sapere e tradizioni. Ma vero intellettuale è chi diventa tale convertendosi ad una missione, che è nello stesso tempo un modo di essere e una ragione di vita, non una professione.
Diventare intellettuale è un modo di conoscere la vita, un po’ come essere viaggiatori e non turisti, quando il viaggio diventa una dimensione della vita, a prescindere dai chilometri percorsi.
L’intellettuale mediterraneo deve favorire la consapevolezza della contaminazione come nutrimento comune.
Un elemento forte di incontro, scambio e contaminazione dello spazio Mediterraneo è il cibo: quali gli elementi identificativi comuni?
Dalle due piante che caratterizzano il Mediterraneo derivano prodotti altrettanto tipici, dall’olivo l’olio e dalla vite il vino, termine che identifica il vino d’uva ma che ha origine indoeuropea e indica una fermentazione alcolica da frutta per cui si può chiamare vino anche quello fatto con i datteri. La base di verdure fresche e ortaggi racconta tutti gli scambi avvenuti nel tempo, così come la lunga strada percorsa dal couscous.
Il cibo preferito?
Non ho preferenze, la mia alimentazione è tipicamente mediterranea e privilegia riso, verdure e pesce e frutta secca. Tra i miei frutti preferiti c’è il fico, che trova corrispondenze di profumi e sapori tra la sponda nord e quella sud.
Una tra le innumerevoli corrispondenze mediterranee …..
serenella gagliardi
Le immagini sono state scattate da Ilaria Guidantoni come sguardi sul suo Sud. Manca quella che più le è rimasta dentro: due ragazze, una velata e una in abiti occidentali che camminano insieme tenendosi per mano.