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La bella e lunga storia del Festival e dell’Accademia Italiana del Peperoncino raccontata da Enzo Monaco, l’artefice di una formula di successo

 

Il Festival del Peperoncino di Diamante, decretata la più importante manifestazione nel mondo dedicata al “Diavolillo”, è giunto quest’anno alla 24ª edizione, una longevità in controtendenza rispetto all’elevato tasso di mortalità in giovane età delle iniziative nel Meridione d’Italia.

Il Festival non è semplicemente la sagra di un prodotto identitario unitario del territorio ma una manifestazione che indaga il mondo del piccante nei suoi tanti aspetti, dalla gastronomia alla medicina, allo spettacolo, alla letteratura, all’eros, alla fotografia, una kermesse di grande richiamo turistico che fa registrare un numero sempre crescente di presenze.

Alla base del continuo successo che mette d’accordo la gente e gli osservatori, critici di professione, c’è senz’altro la formula di un festival che si svolge interamente per strada, dagli stand gastronomici al campionato internazionale dei mangiatori di peperoncino, dai convegni e dibattiti agli spettacoli, dal Premio Principe Gourmet alla mostra mercato del cibo del Mediterraneo.

Una volta arrivati a Diamante si è già “dentro” l’evento, non ci sono biglietti d’ingresso, si dovrà solo scegliere tra i tanti momenti che tracciano un percorso piccante tra il lungomare e il lungofiume, attraversando i vicoli del centro storico che a tratti regalano l’artistica sorpresa dei murales.

????????????????????????????????????spaziomediterraneo incontra il Prof. Enzo Monaco, giornalista gastronomo, che nel 1994 ha fondato a Diamante l’Accademia Italiana del Peperoncino, affidandole la mission di approfondirne e diffonderne la cultura. Quali le motivazioni di questo interesse per il peperoncino: la passione piccante dove va rintracciata, oltre che nel suo essere calabrese?

È una passione che nasce soprattutto dal mio essere calabrese, unitamente all’interesse che ho sempre avuto per la gastronomia. Ho dedicato molti anni alla promozione  del cedro, agrume tipico che si coltiva solo in questa nostra fascia tirrenica-cosentina, mettendo in campo una serie di azioni per la sua valorizzazione e ideando la denominazione “Riviera dei Cedri”, che fu lanciata da un’importante iniziativa di marketing con la stampa di due milioni di cartoline illustrate, quando ancora si usava spedirle, con la scritta “Saluti dalla Riviera dei Cedri”.

Successivamente, sempre più convinto dell’importanza di legare gastronomia e territorio, cercando un simbolo gastronomico unitario, l’ho individuato nel peperoncino, ispirato anche dalla lettura di una ricerca antropologica del Prof. Vito Teti dell’Università della Calabria che vede il peperoncino  come l’unico simbolo unitario dei calabresi, riconosciuto come tale da Tortora a Scilla. Ho scelto quindi il peperoncino per la sua valenza simbolica e non perché ne fossi un gran consumatore, come molti erroneamente credono! Scelta che si è rivelata felice ed ha trovato il consenso dei coltivatori che, disseminati in tutta la Calabria, ricercavano un momento unitario come argine alla dispersione.

Due anni prima dell’Accademia nasceva il Peperoncino Festival: come iniziò questa bella storia? L’avventura pare prenda il via da un convegno dalla riuscita particolarmente felice…

Nel 1992 in Italia e particolarmente a Genova, si svolsero le Colombiadi, celebrazioni per i cinquecento anni dalla scoperta di Cristoforo Colombo dell’America. Scrissi al Comitato a Genova per ricordare che con le caravelle arrivò anche il peperoncino, suggerendo di dedicare qualche momento delle manifestazioni a questo ortaggio diventato importante nella gastronomia italiana. Non ottenendo alcuna risposta, quasi per protesta, organizzammo un convegno, il cui manifesto ė ancora nella nostra sede, “1492-1992 cinquecento anni piccanti”. Doveva essere una manifestazione una tantum per la quale non pensammo ad un convegno tradizionale ma ad un convegno per strada.

Questa impostazione, fare manifestazioni per strada, è stata la scelta vincente: il Festival è arrivato alla 24ª edizione.

Fare delle manifestazioni per strada per il peperoncino è una scelta coerente alla sua natura di prodotto popolare, la spezia dei poveri che, non costando niente, si é affermato come alternativa al pepe nero e alle altre spezie appannaggio delle classi più abbienti. Lo stesso Colombo, presentandolo ad Isabella di Castiglia, pensava di aver portato una nuova spezia dalla quale ricavare notevoli profitti ma il peperoncino si rivelò di facile coltivazione, basta un vaso sul davanzale di un balcone, e il business non ci fu. In omaggio al suo essere una spezia democratica, popolare, nel 1992 il convegno fu organizzato tutto per strada, un piccolissimo festival che occupava duecento metri del lungomare. La manifestazione ebbe imprevedibilmente un successo a dir poco strepitoso, richiamando l’attenzione di media nazionali come Rai1 che venne a fare un servizio e Repubblica che ci dedicò una pagina, tanto che l’anno successivo a seguito di molte richieste replicammo l’iniziativa, ma sempre con l’idea che fosse una tantum. Il successo del 1993 bissò quello dell’anno precedente e, a quel punto, anche le istituzioni pubbliche, prime fra tutte la Regione Calabria, mostrarono interesse e ci chiesero di non essere più solo un comitato spontaneo ma di strutturarci. Così ė nata l’Accademia del peperoncino che però, sin dall’inizio, non è stata solo una veste burocratica in quanto da tutta la Calabria ricevemmo richieste di iscrizioni. Dopo un paio d’anni, viste le tante richieste che arrivavano da tutta Italia, fu modificato lo Statuto trasformando l’associazione da regionale a nazionale, aggiungendo l’aggettivo ‘italiana’ alla denominazione. Il successo è continuato: oggi abbiamo 92 sedi in Italia, 10 all’estero e organizziamo oltre al Festival del peperoncino, che a Diamante ha questo marchio in esclusiva, altre iniziative come il ‘Rieti cuore piccante’, la FestaPic di Camaiore e altre decine di manifestazioni in Italia e anche una in Germania, a Wilstedt e da quest’anno a Buenos Aires, iniziativa che ha voluto sostenere anche il Presidente della Repubblica Argentina, di origini calabresi.

Le ramificazioni dell’Accademia attraverso le Delegazioni stanno svolgendo il ruolo di testimonial positivi per la Calabria, una regione che ha bisogno di promozione e spinte propulsive per sganciarsi dagli stereotipi negativi che purtroppo spesso la accompagnano. Ricordiamo l’eccezionale successo di pubblico internazionale riscosso nel 2007 nella sede ONU di Ginevra, quello ottenuto dalla prima edizione del Festival Picante di Buenos Aires a giugno di quest’anno: si tratta di operazioni importanti di marketing territoriale.

È proprio così, basti pensare che ben cinque università italiane hanno dedicato corsi e tesi di laura all’Accademia che non è semplicemente un’organizzazione di Festival ma si caratterizza per avere ad oggetto, come evidenziato dal Prof. Teti, il simbolo unitario della Calabria, il simbolo di identità culturale dei calabresi, uno dei pochi simboli positivi della regione, anche se spesso trascurato. Per di più si tratta di un simbolo legato alla gastronomia che è un fatto culturale che tocca nella concretezza gli uomini che mangiano tre volte al giorno… In altre regioni ci avrebbero sicuramente puntato molto di più.

Eppure quando in Italia si parla di peperoncino sembra naturale aggiungere l’aggettivo calabrese…

Da anni come Accademia sottolineiamo, anche alle istituzioni, che la Calabria è la regione che consuma più peperoncino in Italia ma è anche quella che ne importa di più, il 70% di quello che si consuma, perché soffre la concorrenza spietata dei paesi produttori. Il prodotto più importante, la polvere di peperoncino che viene usata come spezia, importata in Italia dal mercato indiano costa 3 al chilo, coltivata in Calabria 15 quindi non c’è spazio sul mercato per il nostro prodotto. Ad aggravare la situazione si aggiunge il fatto che le normative vigenti non obbligano ad indicare in etichetta il luogo di produzione ma solo quello di confezionamento per cui si può legalmente confezionare peperoncino ‘di Calabria’ acquistato all’estero. La via d’uscita potrebbe essere l’istituzione di un marchio di qualità e come Accademia abbiamo suggerito alla Regione di riconoscere il peperoncino di Calabria come prodotto IGP, ma al momento il disciplinare è ancora fermo in Europa.

Il peperoncino non è però solo simbolo d’identità della gastronomia calabrese ma è un elemento ricorrente nella cucina di molti altri paesi mediterranei da quella di Francia e Spagna, che sono stati molto bravi ad ottenere riconoscimenti per le loro varietà, alla cultura del piccante molto diffusa nei paesi del Nord Africa. Tra i tanti piatti piccanti della cucina del Mediterraneo a quale affiderebbe il ruolo di simbolo?

Ad un piatto italiano che è il piatto simbolo dell’Accademia: gli spaghetti aglio, olio e peperoncino, sia nella versione tradizionale che in quella rivisitata dal grande Gualtiero Marchesi. L’Accademia ogni anno conferisce il premio “Principe Gourmet” ad uno chef italiano importante che sia stato disponibile a creare un piatto particolare e il grande Gualtiero Marchesi ha dedicato all’Accademia, in occasione della sua vittoria, un piatto di spaghetti aglio, olio e peperoncino, particolare perché freddo: gli spaghetti, dopo esser stati scolati e prima di essere conditi vanno messi in acqua fredda o addirittura in frigo. Questa ricetta è diventata il nostro piatto-simbolo.

Cosa si beve in abbinamento a questo piatto?

Non un vino rosso ma un buon vino bianco secco, secondo l’indicazione di Veronelli che, proprio qualche mese prima di morire, aveva scritto per l’Accademia un breve saggio intitolato “Peperoncino e Vino”, suggerendo questo abbinamento.

Ed allora è con un calice di un buon vino bianco secco che facciamo un brindisi per augurare lunga vita piccante all’Accademia italiana, al Festival del peperoncino di Diamante e ad Enzo Monaco, loro ideatore.

 

Intervista di Serenella Gagliardi

 

  admin   Set 17, 2016   Primo Piano   0 Comment Read More