Una materia parlante, forse sarebbe più appropriato dire urlante, e una parola narrante, con tutto il suo carico di interiorità rivelata, si completano nel raccontare il Mediterraneo delle migrazioni.
È una doppia suggestione quella che regala la mostra delle opere di Roberta Conigliaro, con testi che affiancano le sculture. Un’arte che possono “sentire” anche i non vedenti in un percorso dedicato con l’ausilio di didascalie in Braille e che introduce al tema più generale, e non limitato solo alla sfera dell’arte, della conoscenza che nasce dal contatto.
Quanto della “poetica” di Roberta Conigliaro è frutto dell’essere figlia di una terra di contatto tra genti di culture diverse?
Sin da piccola ho provato curiosità ed attrazione verso le altre culture, ho sentito voglia di conoscere realtà diverse, altri modi di pensare, altri costumi. Viaggiare permette di scoprire che molte delle cose che vengono vissute all’interno dei propri orizzonti come normali o come valori assoluti sono considerate in maniera totalmente diversa in un altro luogo. Questo aiuta ad aprire la mente, insegna a mettersi in discussione e ad ascoltare l’altro cercando di comprendere il suo punto di vista. Non è solo un’esperienza culturale ma anche e soprattutto una crescita umana.
Crescere di fronte ad un’altra sponda, che si sa vicina eppure si percepisce lontana da sé: si guarda il mare e si pensa, si immagina l’Altrove…
Si guarda l’orizzonte rivolti verso sud, sentendo l’attrazione verso quei popoli, quelle terre che stanno di fronte, separati solo da una striscia di mare. Popoli mediterranei, con delle radici comuni, pur nella loro differenza, che nei secoli si sono scontrati ma anche mescolati.
Le opere oggi in mostra, paradigma del viaggio degli emigranti di ogni tempo e luogo, hanno una grande forza comunicativa e portano in primo piano il Mare Nostrum. È un Mediterraneo non solo scenario di attese tradite e lutti che si rivela. La cultura può avere un ruolo importante per un cambio di scenario?
Naturalmente questa è la mia speranza. Negli ultimi anni si sente solo parlare dei continui sbarchi creando in molti la paura di essere invasi. La mia idea è stata invece quella di allestire una mostra che parlasse di Mediterraneo e di migrazione ma non solo nella sua accezione drammatica. Volevo anche affrontare il tema dal punto di vista dello scambio e della possibilità di arricchimento culturale, il tutto passando attraverso il linguaggio della bellezza.
Una produzione artistica che dall’esordio ad oggi, echeggia mediterraneità, dai materiali, terracotta e pietra, alle forme che sembrano modellate dall’acqua e dal vento, ai volti, spesso velati ma non per questo meno espressivi. L’identità mediterranea è a livello personale e artistico valore aggiunto?
Assolutamente. Io mi sento profondamente siciliana e mediterranea. Il mio essere cresciuta su un’isola, in una città di mare ed in una terra che porta ancora le tracce delle varie dominazioni che si sono succedute nei secoli passati, è l’humus in cui sono maturate le mie forme espressive.
Dal 1996 ricorre un modello di figura che si ė sempre più imposto, una figura che sembra svilupparsi dal basso, esile ma che si erge con determinazione. Sembra suggerire che bisogna trovare in se stessi la forza per affermare la propria individualità, resistendo ben dritti, piegati ma non vinti dai venti che soffiano contrari…
Le mie figure nascono in maniera spontanea, direi inconsapevole ma sicuramente riflettono un mio modo di essere e di percepire il mondo. Ho sempre cercato una mia strada, di seguire un percorso che fosse veramente personale, con determinazione anche di fronte alle difficoltà.
Ed è questa forza che l’artista trasferisce alle sue creazioni.
Intervista di Serenella Gagliardi
“Due sponde un solo mare”
Siracusa, Palazzo Montalto
Via dei Mergulensi
dal 21 maggio al 5 giugno 2016
orari: lun. 16-20; mart.-dom. 10-13 e 16-20