La tradizionale Cena di San Giuseppe a Salemi trova le sue origini nel rito pagano dell’offerta a Demetra, dea dell’agricoltura, dei frutti della terra in occasione della rinascita primaverile. Assorbito nel Cristianesimo sostituendone i simboli, nasce anticamente come atto privato di devozione e d’amore verso la Sacra Famiglia. Una famiglia “devota”, per grazia ricevuta o da propiziare, offre cibo a sazietà a tre bimbi poveri, che impersonano Gesù Bambino, la Madonna e San Giuseppe.
Il gesto caritatevole non solo si è radicato nella tradizione locale ma si è anche diffuso e trasformato, coinvolgendo nella preparazione della Cena il vicinato che partecipa solidale. Gli uomini allestiscono, in una stanza a pianterreno, una struttura in legno o ferro che imita l’architettura di una chiesa rivestita con foglie di alloro e di mirto dal significato propiziatorio ed arricchita con limoni ed arance, sferici come la terra e simbolo di abbondanza. In fondo, l’altare a tre o cinque ripiani.
Le donne preparano i pani votivi che riecheggiano gli antichi pagani tributi al ciclo della fertilità della terra e che vengono cesellati in forme dal dichiarato simbolismo religioso: il calice, la croce, la corona di spine, i chiodi, ma anche le meraviglie del Creato e i frutti della terra che andranno a decorare l’altare secondo una precisa collocazione.
Gli altari di San Giuseppe
Da un semplice impasto di farina di grano duro, acqua e un pizzico di sale a Salemi nascono delicate sculture alle quali una spennellata di albume conferisce un aspetto porcellanato.
La funzione decorativa dei pani votivi sui ripiani dell’altare coperti da bianche tovaglie ricamate non è assolutamente casuale ma segue una precisa e codificata collocazione.
Sul primo gradino trovano posto tre grossi pani di gran fattura e ricchi di decorazioni simboliche, i “Cucciddati” grandi, simbolo della grandezza di Dio. Al centro “U Cuccuddatu” a forma di stella a simboleggiare la luce divina, destinato al bambino che nella cena rappresenta Gesù; sulla sua superficie sono applicati la camicina e la G di Gesù, i suoi fiori preferiti, quelli di gelsomino, uccellini e poi chiodi, martello, scale e tenaglie in ricordo della Passione.
A destra il pane destinato alla bimba che impersona Maria, “A Palma”, che ricorda la palma da datteri che nutrì e offrì ombra alla Madonna durante la fuga in Egitto, decorato con una “M”, una rosa, un fiocco simbolo della verginità, datteri e gli attrezzi da ricamatrice.
A sinistra per il bimbo che ha il ruolo di San Giuseppe, il “Vastùni”, il pane a forma di bastone ricurvo, decorato con un giglio, gli arnesi da falegname, uccelli e frutta.
(Ph. Pro Loco Salemi)
(Ph. Pro Loco Salemi)
Gli stessi pani, realizzati in dimensioni più ridotte, i “Cucciddati piccoli”, simbolo del popolo fedele a Dio, decorano il secondo gradino dell’altare nella stessa posizione.
Sul terzo ripiano i simboli dell’Eucaristia: la “Spéra” ossia l’Ostensorio, il Calice, le ampolle dell’acqua e del vino, spighe ed uva, due Angeli.
(Ph. Pro Loco Salemi)
Se i ripiani sono cinque sul quarto andranno il Calice, le ampolline e gli angeli mentre sul quinto sarà esposto un quadro raffigurante la Sacra Famiglia.
(Ph.Pro Loco Salemi)
Se la disposizione dei pani sui gradini dell’altare è “obbligatoria” perché ormai codificata, ogni altare viene arricchito da tante altre sculture di pasta di pane, tutte con un loro simbolismo, dalla luna e le stelle all’aquila e la colomba, dalle rose ai frutti, dai pavoni e gli agnelli, agli uccelli, ai pesci e alle farfalle.
Ai lati dell’altare su varie mensole trovano posto i candelabri, e non deve mancarne uno a 7 bracci come i giorni della creazione, vasi di fiori, brocche d’acqua e caraffe di vino.
Alla base su un tappeto trovano posto un agnello, solitamente in gesso, simboleggiante l’immolazione di Cristo, un’anfora piena d’acqua per lavare le mani ai bimbi ed un asciugamano bianco disposto a forma di M per asciugarle, piatti di frumento germogliato simbolo di rinascita, di chiara derivazione dal culto pagano, una boccia di cristallo con i pesci, richiamo al cristianesimo delle origini e un mazzo di finocchi, ulteriore simbolo d’abbondanza.
Il Banchetto dei Santi
Al centro del tempio viene apparecchiato il tavolo per il pranzo dei “santi”, imbandito con pane, arance, una bottiglia di vino e fiori. La cerimonia inizia intorno a mezzogiorno con la benedizione del sacerdote dell’altare e del cibo. Il padrone di casa lava le mani ai tre bambini e l’acqua utilizzata non viene buttata via ma utilizzata per innaffiare le piante. Il bambino che rappresenta Gesù taglia una fetta di pane da una forma benedetta, simbolo dell’annata che verrà: più o meno grande riuscirà la fetta, più o meno buona sarà l’annata. Dopo lo scoppio di un mortaretto, si apre la Cena con l’offerta a tre “virgineddi” di un piatto con l’arancia, tagliata a fette e zuccherata, simbolo e auspicio di prosperità. Il grido “Viva Gesù, Giuseppe e Maria” precede il susseguirsi delle varie pietanze che i bambini offrono a loro volta ai presenti che non possono rifiutarle perché sarebbe come respingere la grazia di Dio.
Per la Cena è previsto un minimo di 19 portate che possono arrivare ad essere 101, a base di verdure e legumi, uova, pesce, frutta e dolci.
Manca la carne per rispetto del periodo di Quaresima. Tante pietanze preparate con i frutti della terra, prodotti poveri trasformati con abilità culinaria e dedizione nel manifesto di un vero banchetto di cucina siciliana tradizionale.
Il banchetto dei Santi si conclude con l’unica pietanza a base di pasta che viene servita a tutti i devoti presenti, la “pasta con la mollica”, spaghetti conditi con mollica di pane fresca, prezzemolo, zucchero, olio d’oliva e cannella, e un finocchio.
“L’invito” dei Santi come cerimonia pubblica si svolge il 19 marzo nella Chiesa di San Giuseppe con il Sindaco nel ruolo di padrone di casa ed una celebrazione accompagnata dalla recita delle Parti di San Giuseppe, litanie e preghiere in dialetto siciliano.
Serenella Gagliardi
Si ringrazia della cortese collaborazione la Pro Loco di Salemi.